12 Novembre 2025

Il giornale di Cinisello Balsamo e Nord Milano

Legge di Bilancio 2026: il Nord Milano paga il conto tra tagli alle infrastrutture e boom della spesa militare

Cinisello Balsamo seconda per vulnerabilità sociale in provincia di Milano e Sesto in difficoltà: la manovra del governo Meloni rischia di aggravare le fragilità di un territorio già sotto pressione. Tagli ai prolungamenti M1 e M5, assenza di politiche sulla casa e aumento record della pressione fiscale, mentre le spese per la difesa schizzano a +23 miliardi in tre anni.


Riassunto dell’articolo

La legge di bilancio 2026 colpisce duramente i territori del Nord Milano. Cinisello Balsamo infatti, con un indice di vulnerabilità sociale di 82 su 100 (secondo l’autorevole Veca Index della Fondazione Feltrinelli), è il secondo comune più fragile dell’area metropolitana dopo Baranzate. Anche Sesto San Giovanni presenta criticità significative. Proprio su questi territori già in difficoltà si abbatte una manovra che aggrava le disuguaglianze invece di ridurle.

La pressione fiscale raggiunge il 42,8% del PIL, il massimo degli ultimi dieci anni, colpendo in particolare le famiglie con costi abitativi già elevati. Le infrastrutture strategiche per il territorio – i prolungamenti M1 e M5 verso Monza – restano nell’incertezza con tagli di 80 milioni alle metropolitane, mentre il ponte sullo Stretto assorbe 1,3 miliardi solo nel 2026 su un costo totale stimato tra 13,5 e 15 miliardi.

Il contrasto più stridente: +23 miliardi in tre anni per le spese militari a fronte di tagli a infrastrutture, casa, sanità e servizi sociali. Una scelta che, per territori come Cinisello e Sesto, significa isolamento, minor competitività economica e perdita di opportunità. 

La contraddizione è massima: entrambi i comuni sono governati dal centrodestra, così come la Regione Lombardia e il governo centrale: una condizione che dovrebbe favorire la collaborazione tra diversi livelli di governo nell’interesse del territorio, eppure il ministro delle Infrastrutture Salvini penalizza proprio questi territori nelle scelte strategiche.


La vulnerabilità certificata: i numeri del Veca Index

La legge di bilancio 2026, attualmente in discussione in Parlamento, disegna uno scenario preoccupante per i territori del Nord Milano e in particolare per Cinisello Balsamo e Sesto San Giovanni. Due città che, secondo il Veca Index della Fondazione Feltrinelli, presentano già oggi livelli significativi di vulnerabilità sociale: Cinisello Balsamo si colloca al secondo posto tra i comuni più fragili dell’area metropolitana milanese con un indice di 82 su 100, superata solo da Baranzate (92), mentre Sesto registra comunque valori preoccupanti.

Il Veca Index – uno strumento che fotografa la fragilità socio-economica attraverso l’analisi di diversi fattori come bassi livelli di istruzione e reddito, fragilità sociale, costi abitativi rispetto al reddito, quota di popolazione anziana, bassi score INVALSI e lavoratori in settori a bassa tecnologia – offre una fotografia impietosa della situazione. E proprio su questo terreno già fragile si abbatte una manovra che, secondo gli analisti, rischia di aggravare le disuguaglianze territoriali invece di ridurle.


La pressione fiscale ai massimi da dieci anni: più tasse per tutti

Nonostante la retorica del governo sulla riduzione delle imposte, i dati raccontano una storia diversa. Come documenta Il Post, dal 2023 il carico fiscale è aumentato notevolmente: la pressione fiscale prevista per il 2025 raggiunge il 42,8% del PIL, il valore più alto degli ultimi dieci anni, e rimarrà a questi livelli anche nel 2026.

Per le famiglie del Nord Milano, che già affrontano costi abitativi elevati rispetto ai redditi (uno dei fattori che pesano sull’indice di vulnerabilità sociale), questo significa meno risorse disponibili per far fronte alle spese quotidiane. Il meccanismo del “fiscal drag” o drenaggio fiscale – che porta a pagare più tasse quando gli stipendi aumentano per adeguarsi all’inflazione, senza che gli scaglioni fiscali vengano modificati di conseguenza – ha sottratto risorse ai cittadini: secondo stime di lavoce.info, nel solo 2024 ha comportato un aumento delle imposte di 17 miliardi di euro.

Le riduzioni dell’IRPEF annunciate in manovra (dal 35% al 33% per i redditi tra 28.000 e 50.000 euro) non compensano l’aumento complessivo della pressione fiscale e del costo della vita. Come sottolinea Banca d’Italia nelle sue audizioni, manca soprattutto una politica economica che favorisca la produttività e la crescita, con investimenti significativi in ricerca, istruzione e infrastrutture.


Casa e abitare: l’emergenza che il governo ignora

Il tema dell’abitare rappresenta uno dei fattori chiave del Veca Index per misurare la vulnerabilità sociale. I “costi abitativi rispetto al reddito” pesano in modo determinante sull’indice di fragilità di Cinisello Balsamo (82) e contribuiscono alle criticità di Sesto San Giovanni. Non si tratta solo di numeri: dietro questi indicatori ci sono famiglie che faticano a pagare l’affitto, giovani che non riescono ad andare via di casa, nuclei che vivono in alloggi inadeguati.

I prezzi insostenibili

Secondo le rilevazioni del primo quadrimestre 2025, un trilocale a Cinisello costa in media 233.519 euro (2.426 euro/mq), mentre a Sesto si sale a 301.926 euro (3.058 euro/mq). Per gli affitti, la situazione non è migliore: i canoni oscillano tra 700 e 1.000 euro mensili per un bilocale, cifre che per molti nuclei familiari rappresentano una quota insostenibile del reddito.

Come evidenzia l’Osservatorio di Ambito di Cinisello Balsamo, quasi la metà dei nuclei familiari assegnatari di alloggi pubblici (49,7%) si colloca nella fascia più bassa, quella classificata come “protezione” con ISEE fino a 10.035 euro.

Il divario tra salari e costi abitativi

La connessione tra costi abitativi e salari reali è drammatica. Come segnala L’Istat, i salari reali a giugno 2025 risultavano inferiori del 9% rispetto ai livelli di gennaio 2021, mentre i redditi da lavoro dipendente sono destinati a scendere all’8,7% del PIL nel 2028 – uno dei valori più bassi dell’ultimo quarto di secolo. In sostanza: si guadagna meno in termini reali mentre i costi abitativi continuano a crescere.

Il Piano Casa che non c’è

Di fronte a questa emergenza, il governo risponde con annunci senza sostanza. Il “Piano Casa” promesso da Meloni e Salvini, presentato come priorità al Meeting di Rimini, resta sulla carta. Come denuncia l’economista Tito Boeri in un’intervista a Open, “la ragione per cui il Piano casa del governo Meloni sta diventando una specie di araba fenice è duplice: mancanza di idee e mancanza di risorse“.

Lo stanziamento previsto è di appena 660 milioni di euro (contro i 15 miliardi stimati necessari da Ance), distribuiti tra il 2027 e il 2030. Ma soprattutto, come rileva Business Online, “i lavori sull’attuazione delle misure del Piano Casa sono attualmente bloccati”, in attesa dei decreti attuativi che dovevano arrivare nell’autunno 2025 e che ancora non si vedono.

Nel frattempo, uno dei primi atti del governo è stato definanziare il Fondo affitti per la morosità incolpevole, quello strumento che aiutava chi perdeva il lavoro o aveva una riduzione improvvisa del reddito a non finire in strada. Una contraddizione stridente: si annunciano grandi piani per il futuro mentre si tolgono risorse a chi è in difficoltà oggi.

Per territori con alti indici di vulnerabilità sociale come Cinisello, si tratta di scelte che aggravano le disuguaglianze invece di ridurle.


Le infrastrutture dimenticate: M1 e M5 verso Monza a rischio

Se c’è un capitolo che rappresenta plasticamente le priorità della legge di bilancio 2026, è quello dei trasporti pubblici. E per Cinisello Balsamo e Sesto San Giovanni, le notizie sono particolarmente negative.

Il definanziamento delle metropolitane previsto dalla manovra colpisce anche il Nord Milano, con tagli che riguardano opere strategiche per il territorio. Sebbene l’attenzione mediatica si sia concentrata sulla metro C di Roma (50 milioni di tagli) e sulla M4 di Milano verso Segrate (da 15 milioni a 750mila euro), la situazione dei prolungamenti M1 e M5 verso Monza rimane critica e incerta.

Il prolungamento della M1: una storia infinita

Il prolungamento della linea M1 da Sesto FS a Cinisello/Monza Bettola è una vicenda emblematica. Si tratta di appena 1,9 km con 2 stazioni (Sesto Restellone e Cinisello-Monza/Bettola), con un parcheggio di interscambio da 2.500 posti auto. Un’opera che doveva essere pronta nel 2015 per Expo e che a oltre 12 anni dall’apertura dei cantieri non è ancora completata.

Dopo che la società appaltante ha risolto il contratto nel 2023, nel 2025 sono stati stanziati ulteriori 20 milioni di euro per garantire il completamento. Ma la legge di bilancio 2026, con la sua politica di contenimento della spesa, getta ombre sulla tempistica effettiva dei lavori. Il finanziamento totale dell’opera è di 23 milioni di euro, una cifra esigua per un’infrastruttura così importante, che dovrebbe essere pronta entro fine 2025 o inizio 2026 – ma i ritardi accumulati fanno temere ulteriori slittamenti.

La M5 verso Monza: 600 milioni di costi extra e incertezze

Ancora più complessa è la situazione del prolungamento della M5 da Bignami a Monza, che attraversa Milano, Cinisello Balsamo, Sesto San Giovanni e Monza. Si tratta di 13 km di binari aggiuntivi e 11 fermate, di cui 7 nel territorio di Monza, con un investimento previsto tra 1,06 e 1,27 miliardi di euro.

Il progetto, tecnicamente pronto, è stato bloccato per quasi un anno a causa di quasi 600 milioni di euro di extra costi emersi rispetto alle stime iniziali. Dopo mesi di attesa, a giugno 2025 il ministro Salvini ha confermato che tutte le 11 fermate previste saranno realizzate e che il Ministero contribuirà con 15 milioni in più (per un totale di 931 milioni). La Regione Lombardia dovrebbe mettere 283 milioni, Milano 37, Monza 27,5, Cinisello 13 e Sesto 4,5 milioni.

Ma la legge di bilancio 2026, con le sue restrizioni sulla spesa, solleva interrogativi sulla copertura finanziaria effettiva. Non è ancora chiaro da dove arriveranno i fondi mancanti e se i tempi previsti (apertura stimata non prima del 2031-2033) saranno rispettati.

La fermata di Cinisello-Monza/Bettola rappresenta il nodo cruciale di interscambio tra M1 e M5, oltre che con l’autostrada A4, la A52 Tangenziale Nord e la SS36 Valassina. Un hub strategico per tutta la mobilità del Nord Milano che, se completato, potrebbe trasportare circa 27.000 passeggeri/ora nell’ora di punta sulla M5 (dai 20.300 attuali), con un aumento stimato di 170.000 passeggeri al giorno.

Per territori con alti livelli di vulnerabilità sociale come Cinisello e Sesto, l’accesso efficiente a Milano e alle opportunità di lavoro e studio della metropoli è fondamentale. Ogni ritardo nelle infrastrutture significa isolamento, minor competitività economica, perdita di opportunità, traffico veicolare congestionato.


Il paradosso del ponte: 1,3 miliardi per lo Stretto, briciole per il Nord Milano

La contraddizione più stridente della politica infrastrutturale del governo emerge dal confronto tra i tagli alle metropolitane e gli investimenti sul ponte sullo Stretto di Messina. Mentre per le metro di Roma, Napoli e Milano si tagliano complessivamente 80 milioni di euro, e nello specifico si definanziano parzialmente i prolungamenti M1 e M5 verso Monza, la legge di bilancio stanzia 1,3 miliardi di euro per il 2026 per il ponte sullo Stretto.

Il costo complessivo dell’opera – ancora senza un progetto definitivo approvato – è stimato in 13,5-15 miliardi di euro, di cui 11,6 miliardi già stanziati fino al 2032. Ma la storia si complica ulteriormente: come emerso dalla recente delibera bocciata dalla Corte dei conti, il progetto presenta problemi molto concreti.

Il paradosso dei numeri

La fonte di finanziamento del ponte aggrava ulteriormente la questione: come documentato da Legambiente, 1,6 miliardi vengono sottratti direttamente dal Fondo Sviluppo e Coesione destinato a Sicilia e Calabria, e altri 718 milioni dai fondi destinati al Sud e alle aree interne.

  • Per fare un confronto:
  • Spese militari 2026-2028: +23 miliardi
  • Tagli metropolitane (Roma, Napoli, Milano): -80 milioni solo nel 2026
  • Riduzione bonus casa: migliaia di euro in meno per famiglia
  • Spesa sanitaria: sostanzialmente stabile al 6,3-6,4% del PIL

In pratica, con quanto stanziato per il solo anno 2026 per il ponte sullo Stretto si potrebbe completare l’intera M1 verso Monza 57 volte, o coprire quasi interamente il costo dell’intera M5 fino a Monza.

La contraddizione è massima: il ministro Salvini taglia o lascia nell’incertezza opere strategiche per territori governati dal suo stesso partito. Il sindaco di Cinisello Balsamo Giacomo Ghilardi è della Lega, così come il sindaco di Sesto San Giovanni Roberto Di Stefano, e la Regione Lombardia è guidata da Attilio Fontana, sempre della Lega. Eppure le infrastrutture fondamentali per questi territori vengono sacrificate per finanziare un’opera dal futuro incerto, dai costi in continua lievitazione e dai rilievi critici della Corte dei conti.


La scelta delle armi: 23 miliardi per la difesa in tre anni

Il contrasto più stridente della legge di bilancio 2026 emerge comparando i tagli alle infrastrutture civili con l’aumento delle spese militari. Come documentato dal Documento Programmatico di Finanza Pubblica, il governo prevede un incremento progressivo delle spese per la difesa:

  • 2026: +3,5 miliardi di euro (+0,15% del PIL)
  • 2027: +7 miliardi di euro complessivi (+0,30% del PIL)
  • 2028: +12 miliardi di euro complessivi (+0,50% del PIL)

In totale, quasi 23 miliardi di euro in più nel triennio per le spese militari, un aumento che porterà la spesa per la difesa dall’attuale 1,5-2% del PIL al 2,5% entro il 2028. Si tratta del preludio agli impegni assunti con la NATO al vertice dell’Aia del giugno 2025, che prevedono di raggiungere il 5% del PIL entro il 2035.

Il governo ha dichiarato che questi fondi non verranno sottratti “alle altre priorità” come sanità e famiglie, ma i numeri raccontano una storia diversa. Come sottolinea Il Fatto Quotidiano, la manovra 2026 opera “un primo passaggio da un sistema di welfare a un sistema di warfare”, con tagli ad altri settori per finanziare l’aumento militare.

Per fare un confronto:

  • Spese militari 2026-2028: +23 miliardi
  • Tagli metropolitane (Roma, Napoli, Milano): -80 milioni solo nel 2026
  • Riduzione bonus casa: migliaia di euro in meno per famiglia
  • Spesa sanitaria: sostanzialmente stabile al 6,3-6,4% del PIL

Il fallimento del “governo amico”: quando l’allineamento politico non produce risultati

La legge di bilancio 2026 si presenta come una manovra “prudente” sul fronte dei conti pubblici, ma profondamente squilibrata nelle sue priorità. La scelta di destinare quasi 23 miliardi in tre anni alle spese militari mentre si tagliano infrastrutture, si riducono bonus per la casa e non si investe in modo strutturale sull’abitare ha conseguenze concrete sulla vita delle persone.

Per il Nord Milano, e in particolare per Cinisello Balsamo e Sesto San Giovanni questa manovra rappresenta un’occasione persa. Non si tratta di territori “fragili” nel senso assistenzialista del termine: sono città industriose, con tessuto produttivo, parte integrante della metropoli milanese. Eppure proprio per questo richiedono investimenti strategici per svilupparsi, non tagli che ne compromettono la competitività.

Le infrastrutture di trasporto non sono un vezzo: sono la condizione necessaria per permettere ai cittadini di accedere alle opportunità di lavoro, studio, cultura che la metropoli milanese offre. Ogni ritardo, ogni taglio, ogni definanziamento si traduce in isolamento e impoverimento del territorio. La fermata di Cinisello-Monza/Bettola, punto di interscambio tra M1 e M5, rappresenterebbe un hub strategico per decine di migliaia di pendolari. Completarlo significherebbe dare slancio allo sviluppo dell’intera area; ritardarlo significa condannare il territorio a restare ai margini.

La contraddizione politica è il vero scandalo di questa manovra. Sindaci leghisti (Ghilardi e Di Stefano), governatore lombardo leghista (Fontana), ministro delle infrastrutture e dei trasporto con delega alla casa leghista (Salvini): una costellazione di potere che dovrebbe tradursi in forza contrattuale per il territorio. Progetti come i prolungamenti metropolitani vivono o muoiono sulla capacità di coordinamento tra questi livelli di governo. Quando tutti appartengono allo stesso partito, le scuse finiscono: non c’è l’opposizione da incolpare, non ci sono maggioranze diverse da comporre. C’è solo la responsabilità diretta di far funzionare le istituzioni che si amministrano.

E invece? Il ministro Salvini taglia o congela le infrastrutture. La Regione Lombardia di Fontana non riesce a imporre le priorità lombarde nelle trattative con Roma o drena investimenti per le improbabili olimpiadi invernali 2026. I sindaci Ghilardi e Di Stefano assistono al definanziamento delle opere vitali per le loro città senza battere ciglio, per non inimicarsi i vertici nazionali, in attesa di un posto al sole in parlamento alle prossime elezioni. Non è vittimismo: è la constatazione di un fallimento. Quando l’allineamento politico non produce risultati, quando il ‘governo amico’ non serve gli interessi del territorio, quando la presenza ai tavoli che contano non si traduce in opere completate, resta una domanda: a cosa serve avere lo stesso colore politico dal Comune a Roma, se poi i pendolari continuano a restare imbottigliati nel traffico e le famiglie senza soldi per la vita quotidiana?

Martino Iniziato

Cinisellese, collabora con La Città dal 2010.

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