
Velo islamico “sacco della spazzatura”. Bufera sulla sestese Sardone
Nel giro di 24 ore, fra la conferenza stampa del 3 luglio e l’intervento nell’Aula di Montecitorio del 4 luglio, la vice-segretaria della Lega e eurodeputata Silvia Sardone da Sesto San Giovanni, ha riproposto la sua crociata contro il velo islamico. “Per me tutti i veli islamici sono simbolo di sottomissione. Non credo che una donna libera, con queste temperature, voglia andare in giro con un sacco della spazzatura addosso”, ha dichiarato, suscitando immediati applausi fra i leghisti e accuse di islamofobia da parte delle opposizioni.
Le parole hanno accompagnato il deposito di una risoluzione “contro l’islamizzazione delle scuole”, firmata insieme al deputato Rossano Sasso. Il documento chiede al governo di: vietare ogni forma di velo alle alunne minorenni, subordinare visite a moschee o incontri con imam all’autorizzazione preventiva delle famiglie, monitorare l’uso di spazi scolastici per attività religiose.
Durante la presentazione Sardone ha insistito sul “buon senso” del divieto e sull’esempio di Paesi europei – Danimarca in testa – che hanno già introdotto restrizioni analoghe.
Marco Grimaldi (Alleanza Verdi-Sinistra) ha parlato di “calcolo politico a basso costo” che cancella identità e libertà religiosa; il Partito Democratico ha definito l’accostamento fra velo e “sacco della spazzatura” “un insulto razzista” e ha chiesto al presidente della Camera di valutare sanzioni disciplinari.
Le parole di Sardone arrivano mentre gli azzurri rilanciano lo ius scholae. Antonio Tajani le ha bollate come «una boutade estiva» che allontana l’elettorato moderato.
Le associazioni islamiche e ONGUCOII e COREIS parlano di «stigmatizzazione di milioni di cittadini» (nota stampa diffusa nel pomeriggio, non ancora protocollata in Aula).
La 42enne milanese, dal 15 maggio 2025 vice di Matteo Salvini, ha costruito negli ultimi anni un profilo identitario puntando su rom, migranti e libertà religiosa. Dal 2023 gira con la t-shirt «No al velo islamico», circostanza che le è costata minacce di morte e la scorta assegnata dal Viminale. Il nuovo attacco rientra quindi in una battaglia di lungo periodo che nel Carroccio produce consenso interno – ma di frequente imbarazza gli alleati di governo.