
1915, quando l’entrata in guerra divise Cinisello e Balsamo
Il radioso maggio, così definito dagli interventisti, fu il periodo antecedente l’entrata dell’Italia nella Grande Guerra, il 24 maggio 1915. Vi furono scioperi e manifestazioni dei contrapposti schieramenti: i neutralisti, contrari all’entrata dell’Italia in guerra e gli interventisti, favorevoli. Dal ‘14 anche i nostri giornali locali iniziarono a pubblicare articoli sul conflitto, che già nel primo anno aveva coinvolto alcuni Paesi europei e il Giappone. Era scoppiato il 28 luglio, a seguito dell’assassinio, avvenuto a Sarajevo un mese prima, dell’arciduca erede al trono austro-ungarico, Francesco Ferdinando e di sua moglie Sofia.
Il Cittadino era una rivista espressione dei cattolici monzesi, mentre La Brianza era un periodico/settimanale socialista. Entrambe le testate si concentravano principalmente sul territorio di Monza e della Brianza, ma ospitavano anche brevi articoli su Balsamo e Cinisello. Dalle loro pagine emergono con chiarezza le loro impostazioni profondamente differenti e un diverso approccio al racconto della guerra, con frequenti botta e risposta e polemiche. Sin dall’inizio La Brianza assunse una posizione neutralista e fortemente contraria alla guerra, ospitando svariati interventi, appelli e articoli che denunciavano i gravissimi rischi dell’impegno bellico.
È interessante notare come sul numero dell’1 agosto venne pubblicato un appello dal titolo “Contro la guerra”, firmato da tutta la direzione del Partito Socialista, compreso Benito Mussolini, che come noto, di lì a pochi mesi divenne un convinto interventista. Anche Il Cittadino assunse e mantenne per tutto il ‘14 una posizione fortemente contraria all’entrata in guerra dell’Italia. Questa posizione emerse sulle prime pagine del giornale del 15 ottobre: “I cattolici monzesi per la pace” e del 26 novembre: “Contro corrente – ancora”. A differenza de La Brianza, che mantenne uno spirito anti-belligerante anche successivamente, nel ‘15 Il Cittadino cominciò ad assumere un punto di vista diverso, sottolineando l’ “ineluttabilità dell’intervento”, come si evince dalle prime pagine del 20 e del 27 maggio, quando i titoli furono: “Iddio faccia grande, forte e felice la nostra Patria” – “Il dovere cristiano per la Patria. L’assoluta necessità di vincere”.
Nell’agosto del ‘14 La Brianza aveva dato notizia di diversi comizi molto partecipati contro la guerra, tenutisi a Balsamo e Cinisello. Non sempre però queste manifestazioni venivano consentite, ricevendo il rifiuto dell’autorità prefettizia. Scriveva il giornale: “La classe dei ricchi non ha niente da temere dalla guerra. L’ottantasette per cento dei soldati sono figli di operai e contadini. Il governo è il comitato esecutivo della classe dei ricchi; l’autorità politica è al servizio della borghesia”. Altre occasioni di dissenso contro la guerra furono conferenze e interventi presso la Casa del Popolo o il Circolo Aurora a Balsamo, in cui spesso i comizianti intervenivano sul tema “Guerra e disoccupazione”.
I giornali mantennero due stili diversi durante gli anni del conflitto. Il Cittadino, che negli anni tra il ‘15 e il ‘17 aveva ridotto le notizie su Cinisello e Balsamo a pochissime occasioni, riportava però con puntualità ricordi dei caduti, lettere dal fronte e articoli informativi sulle forme di assistenza alle famiglie dei soldati al fronte. La Brianza invece, pur ospitando gli elenchi dei caduti (più spesso quelli vicini al Partito Socialista), dedicava meno spazio al tema delle sofferenze al fronte e alle lettere dei soldati, rilanciando piuttosto le iniziative di carattere politico sul territorio, come i frequenti comizi contro la guerra o le attività del Circolo Aurora, che proprio in quegli anni cresceva, vedendo sorgere: “la Mutua interna, la Cooperativa agricola, la Cooperativa edificatrice, l’acquisto di salina e carbone, la Mutua Bestiame, la Bibliotechina per l’istruzione dei soci”.
Il radioso maggio non si era ancora concluso e già i primi richiamati di Balsamo e Cinisello avevano dovuto salutare i loro cari. Le partenze si sarebbero susseguite ininterrottamente fino alla fine delle operazioni militari, costringendo alcune centinaia di giovani dei nostri due comuni a lasciare senza sostegno i familiari, che avrebbero dovuto imparare a far fronte alle loro necessità e a convivere quotidianamente con l’ansia per la sorte dei soldati al fronte. In maggioranza contadini, operai, piccoli artigiani, avevano dovuto subire, come la maggior parte degli italiani, una decisione che spesso non condividevano e le cui ragioni forse neppure comprendevano completamente. E ora non potevano fare altro che attendere e, se credenti, affidarsi alla preghiera. Scriveva in quei giorni il parroco di Cinisello, don Bocca: “Con altre funzioni speciali e intervento di tutto il popolo è fatta la presentazione del cuore d’argento che racchiude il nome dei giovani cinisellesi partiti per il servizio militare”.
Sin da subito si era costituito un Comitato di Assistenza con il compito di aiutare economicamente le famiglie indigenti e di mantenere i contatti con i soldati al fronte. Lo Stato garantiva un sussidio giornaliero ai congiunti dei richiamati privi di sostegno; rientrava tra le funzioni del Comitato verificare il loro diritto a percepirlo. Lo stesso Comitato concedeva buoni per l’acquisto di pane e riso, interveniva per pagare la refezione dell’asilo, ottenere facilitazioni dalle poste o dalle ferrovie, richiedere licenze per i militari affinché potessero aiutare la famiglia durante il raccolto o per assumere lavoranti nei lavori agricoli. Si era anche dato avvio all’acquisto della lana e alla confezione di indumenti, soprattutto calze, guanti e berretti per i soldati, che mostrarono di gradirli. Furono spedite centinaia di lettere, non solo ai militari al fronte, a cui si inviavano notizie sui familiari, pacchi e vaglia, ma anche ai Comandi dell’Esercito o ai cappellani per avere informazioni sulle condizioni dei richiamati, quando queste tardavano a giungere e le famiglie vivevano con trepidazione il loro silenzio.
Le numerose attività del Comitato furono sostenute grazie all’obolo dei privati e agli stanziamenti delle Amministrazioni comunali, che in quegli anni videro moltiplicarsi i loro impegni e i pochi impiegati dovettero far fronte alle molteplici incombenze che lo stato di guerra aveva fatto sorgere. Dovettero anche occuparsi del censimento delle derrate alimentari, della requisizione e del calmieramento di alcuni prodotti essenziali e, a partire dal ‘17, dell’istituzione del tesseramento. Infatti i prezzi, a causa della diminuzione della produzione agricola per l’insufficienza di manodopera, avevano continuato a crescere e nelle grandi città erano divampate delle rivolte. All’inizio di maggio anche a Cinisello scoppiarono dei tumulti, come risulta dal registro parrocchiale: “Fervono alcuni disordini in paese causa il rincaro e la scarsità dei viveri. Alcuni esercenti furono malmenati. Intervenne la cavalleria che ristabilì l’ordine”. Continua…
M.Iniziato, G.Milanese, P.Rulli, La Grande Guerra tra storia locale e contesto nazionale, Comune di Cinisello Balsamo, 2015.