26 Marzo 2025

Il giornale di Cinisello Balsamo e Nord Milano

Ennesima aggressione al Parco Nord, ora la scuola si interroga

di Carla Tanzi

E’ notizia di due giorni fa di un’ennesima aggressione ai danni di uno studente dell’Istituto Casiraghi, nell’edificio scolastico del Parco Nord; motivo dell’aggressione il furto di uno zaino di scuola.

La notizia è corsa veloce. Il sindaco in persona, sensibilizzato dall’accaduto, si recava personalmente nello stesso pomeriggio a discutere con la dirigenza scolastica; le famiglie ne discutevano preoccupate nei vari comitati dei genitori; qualche consigliere si è affrettato a chiedere giustizia attraverso i social e probabilmente si adopererà per portare l’argomento nei vari consigli comunali limitrofi; le forze dell’ordine allertate da denunce e richieste di intervento, provenienti da più organismi, avranno organizzato turni di monitoraggio (si presume perché già da questa mattina un’auto di pattuglia stazionava all’interno del giardino scolastico); tutto giusto, tutto rientrante nelle proprie competenze e nei propri ruoli, ma qualcosa manca, qualcosa stride. Mancano gli attori principali.

Quando si parla di scuola si parla di studenti, il problema è che lo si fa sempre e solo parlandone come oggetto e non come soggetto principale. Si parla di loro ma non si parla con loro.

La notizia dell’ennesimo tentato furto con pestaggio, perché non si parla di spintoni si parla di veri e propri pestaggi: labbra tumefatte, volti gonfiati dalle botte, calci in testa e in ogni dove mentre la vittima è accasciata al suolo, ebbene, questa notizia oggi era alla portata di tutti gli studenti dell’istituto. Chi non è stato informato dell’accaduto già da ieri lo ha saputo questa mattina a scuola, o attraverso una chat tra amici. Ma chi da adulto ha affrontato con loro l’argomento? Nessuno. Qualcuno ne ha parlato in classe? Ha provato a chiedere ai ragazzi cosa ne pensassero? Cosa si aspettano che venisse fatto? No, nessuno. Lezioni ordinarie frontali.

Noi abbiamo provato a chiedere direttamente a loro, ai ragazzi della scuola. La risposta tombale è sempre la stessa “sono cose che sono sempre successe, state scoprendo l’acqua calda, io senza zaino a casa non torno, se sono in due le prendo ma non sto fermo a prenderle meno anche io, non ho paura di reagire ho paura solo se hanno un coltello”.

Questo si dicono tra loro i ragazzi, sono rassegnati ad una consuetudine.

E allora si chiedono incontri, si chiede che l’argomento venga trattato anche nella scuola, che se ne parli in classe e con loro. SI chiede che si incontrino le famiglie, incontri coadiuvati dalle Forze dell’Ordine per capire quale comportamento sia opportuno tenere in questi casi. Perché se è vero che esiste la violenza nel mondo è pur vero che a questa non ci si debba abituare.

Quei ragazzi hanno poche cose loro, a cui tengono particolarmente: uno zaino di scuola, un cellulare con delle foto ricordo, una gioiellino di scarso valore economico ma di grande valore affettivo. Sono cose che noi adulti leggiamo come sacrificabili “piuttosto che finire al PS dagli lo zaino”, ma per i ragazzi non è così, a quelle cose non sono disposti a rinunciare, anche se questo comporta tornare a casa con il volto tumefatto.

Allora occorre prepararli, preparare le famiglie, discutere di loro ma con loro. Occorre consapevolizzare gli attori principali, non solo l’opinione pubblica, perché la notizia presto si raffredderà, ma il problema di percezione di insicurezza rimane.

Redazione "La Città"

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