27 Luglio 2024

Il giornale di Cinisello Balsamo e Nord Milano

Matteotti, la storia e l’attualità della sua lotta

Capiranno i nostri lettori (mi auguro) il grande significato rappresentato dalla figura di Giacomo Matteotti, deputato, nato a Fratta Polesine nel 1885, segretario del Partito Socialista Unitario, assassinato dai fascisti, il 10 Giugno del 1924. Il suo cadavere fu ritrovato solo nell’Agosto, in un bosco alla periferia di Roma.

Sono ancora aleggianti i misteri che hanno portato alla morte di Matteotti. Tranne il movente. Furono omertose le modalità con cui le istituzioni, la magistratura e la stampa fiancheggiatrice del nascente regime affrontarono un caso d’autentica criminalità politica.

Una vicenda dalla portata giudiziaria assai grave per il fascismo. Il Duce barcollò. Tuttavia, le forze dell’opposizione non riuscirono a scalzarlo. Il fascismo venne sostenuto dalla grande e piccola stampa borghese e dai mille interessi di casta. Tali a quelli del Re Vittorio Emanuele III il quale, al pari dell’intera magistratura, non batté ciglio quando Mussolini disse: ““Mi assumo tutte le responsabilità politiche e morali del delitto Matteotti”.

Matteotti, dalle settimane precedenti, stava conducendo una generosa e dura battaglia parlamentare contro il governo fascista. Il 24 maggio, del’24, si era espresso in termini perentori in un durissimo attacco al Duce. Il suo fu un discorso poderoso. Metteva in luce le nefandezze degli squadristi, specialmente durante la campagna elettorale e (particolarmente) nel momento in cui i cittadini esprimevano il loro voto.

Un monito severo verso le molteplici illegittimità, i brogli e le violenze, perpetrate durante lo spoglio. Matteotti si spinse, nel corso della sua prolusione, in un clima di aperta intimidazione e di schiamazzi scatenati dai deputati fascisti, a chiedere le dimissioni del governo guidato dall’estrema destra.

Lo fece, seppure consapevole che non tutti i suoi compagni di partito si mostravano d’accordo (come non lo erano certi parlamentari di altri gruppi dell’opposizione,) molti dei quali propendevano, compresi influenti membri della Confederazione Generale del Lavoro, verso un atteggiamento più dialogante: “atteggiamento collaborazionista” venne definito dai giornali di allora.

L’oratoria del deputato socialista, tipica della gente proveniente dalla sua terra, comprendeva la retorica e la sottigliezza nelle argomentazioni, con scarse concessioni alla demagogia. Uno stile appreso dalla lunga milizia tra i socialisti e forgiato, in una dura campagna elettorale, condotta in Veneto, nella provincia di Rovigo. Il principio, da cui partiva l’azione di Matteotti, diveniva semplice e di facile lettura: opposizione intransigente! In difesa delle prerogative del voto a tutti i cittadini e dello stesso Parlamento, senza ammiccamenti ai pruriti astensionisti di certa sinistra dell’epoca. Il Parlamento, sovrano rispetto all’Esecutivo, quindi lontanissimo dal concetto di “un solo uomo al comando”.

Se oggi Giorgia Meloni si decide a dire che fu un assassinio fascista deve anche soffermarsi sul perché Matteotti difese così strenuamente il potere parlamentare da quello del Governo. Altra cosa e lontanissima, rispetto al Premierato è ciò che la destra oggi vorrebbe riproporre.

Ivano Bison

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