27 Luglio 2024

Il giornale di Cinisello Balsamo e Nord Milano

Trentino, novello far west per gli orsi

di Annamaria Manzoni, www.annamariamanzoni.it

Moltissimo si sta dicendo e scrivendo in questi giorni a proposito di JJ4, orsa che il 5 aprile scorso ha ucciso in Trentino il giovane runner Andrea Papi. L’orribile morte del ragazzo è stata seguita da una risposta immediata da parte di Maurizio Fugatti, presidente della Regione Trentino Alto Adige, che ha decretato seduta stante l’uccisione dell’animale; ma anche di due conspecifici definiti “problematici” nonché l’eliminazione di decine di altri “esemplari”, come lui li definisce, dove per eliminazione chiarisce che si può trattare di trasferimento o di abbattimento, tanto per lui, afferma, è lo stesso: di conferenza in conferenza parla di 50 individui, poi di 60, poi ancora di 70.

Per capire cosa ci facciano questi e altri orsi nei boschi del Trentino bisogna risalire al 1999, quando cominciarono ad essere catturati in Slovenia e trasferiti a vivacizzare il paesaggio, in omaggio al progetto LIFE URSUS: Masun fu il primo di molti altri, anestetizzati, trasportati, usati come oggetti di “ripopolamento”, da spostare in cambio di generosi contributi economici dell’unione europea. Forse nella convinzione che avrebbero abdicato ai loro istinti riproduttivi congelando il proprio numero, e alle loro caratteristiche di specie, e si sarebbero comportati come ospiti garbati, attenti a non infastidire quegli umani che avevano decretato la loro immigrazione obbligatoria.

Nel corso degli anni molte cose sono successe: nel 2006 fu ucciso l’orso Bruno, perché aveva avuto l’incauta idea di sconfinare in Baviera e uccidere capi di bestiame. Nel 2014 fu la volta di Daniza, che, per avere cercato di difendere i suoi cuccioli, fu destinata ad una cattura, le cui modalità ne causarono la morte, esattamente come successe a F43. Di altri fu poi deciso l’imprigionamento a seguito di minacce ad umani, benchè mai davvero provate. Nel frattempo si era già smesso di attribuire loro nomi di battesimo, sostituiti da sigle: non è la stessa cosa perché i nomi designano individui , le sigle e i numeri designano cose o, se riferite ad esseri viventi, prigionieri, internati.

Gli esperti si stanno esprimendo sui recenti fatti opponendosi alle uccisioni tanto prontamente programmate: parlano di ignoranza e superficialità delle autorità, che non hanno accompagnato il progetto Life Ursus con investimenti in cultura, informazione e comunicazione, e si sono limitate ad opporre gli orsi alle persone, secondo il ben noto schema “noi umani contro il resto del mondo”. Per altro gli orsi non vanno certo a “cacciare” gli umani: la loro indole è talmente schiva e solitaria che “orso” è definito per antonomasia chi rifugge la compagnia dei propri simili, prediligendovi una orgogliosa solitudine. Fosse per loro, quindi, nessun contatto in programma.

Le decisioni di Fugatti e delle autorità trentine, nella sostanza e nei toni, tradiscono una rabbia incontrollata, una insofferenza incontenibile nei confronti del mondo animale e di chi si schiera in sua difesa. Dice Fugatti “Non mi preoccupa il benessere degli animali e come verranno catturati. E non mi preoccupa neanche se i nostri organi dovessero sbagliare animale nelle azioni che fanno per identificare il soggetto”.

“Abbattiamo questi 3 qua”(questi 3 qua sarebbero l’orsa e gli altri due di cui ha decretato l’esecuzione) che poi ce ne saranno altri di cui gli animalisti affondati nei salotti televisivi potranno occuparsi. In altri termini non gli interessa nulla della vita e della morte degli orsi, anzi dice di Jj4: “Io la abbatterei domani mattina se solo me lo lasciassero fare”.  Si tratterebbe di quell’usanza dal nome cupo di linciaggio: pratica vergognosamente sopravvissuta negli Stati Uniti fino ai giorni nostri, dichiarata reato federale solo lo scorso anno.

Ora, la considerazione del presidente Fugatti nei confronti degli orsi è nota da molti anni: era il 2011 quando esprimeva il suo disappunto perché i NAS erano intervenuti ad interrompere un banchetto a base di carne d’orso organizzato dalla Lega: in altri termini, lui che gli orsi li mangerebbe se non ci fossero fastidiose norme di civiltà ad impedirglielo, non può che essere favorevole a che siano uccisi. E non fa nulla che si parli di animali protetti.

Quindi le condanne a morte degli orsi si inseriscono in una filosofia di vita, in una visione del mondo antropocentrica secondo cui questi animali, ma in realtà tutti gli animali nonumani, non sono vite da rispettare, ma da usare. Visione del mondo affondata in un inaccettabile disprezzo e menefreghismo per tutte le vite nonumane, alla luce della quale la tragedia della morte di Andrea Papi appare la causa non reale, ma solo occasionale delle sue decisioni, strumentalizzata come si strumentalizzano singoli episodi per scatenare guerre in realtà già pronte da far esplodere.

Estraneo a tutto questo qualsiasi criterio di giustizia: solo convinzione di essere padrone della vita dei nonumani, tanto da pensare di potersene disfare nel momento stesso in cui non rispondono più alle nostre aspettative. Quando succede, la soluzione è quella che dilagava nei vecchi film western: quando il forestiero non gradito infastidiva, dalla fondina si estraeva la colt, che era sempre carica, e si eliminava il problema insieme al suo portatore: il diritto era ed è quello del più forte. Che diventa legge nei luoghi dove le idee sono poche, ma ci si è profondamente affezionati.

Per il momento le prime due condanne a morte sono state sospese dal Tar, su esposto della LAV e della LEAL, e sulla scia delle vaste mobilitazioni delle associazioni animaliste e di tanti cittadini, che non hanno confuso il cordoglio per la morte di Andrea con il desiderio di vendetta. Ma l’inarrestabile Fugatti ha già proceduto ad una nuova ordinanza mettendo nero su bianco la data dell’esecuzione di JJ4, ribattezzata Gaia dai suoi difensori, che sono tanti. E di nuovo il Tar ne ha sospesa l’esecuzione. E in pericolo sono tutti gli altri orsi che avessero la malsana idea di seguire le proprie inclinazioni (tipo difendere i propri cuccioli) , anziché adattarsi diligentemente alla tipologia di orso Yoghy, gigante buono e inoffensivo tutt’al più interessato ai cestini da pic nic dei turisti nel fantastico parco di Jellystone: questo era forse nelle previsioni delle autorità trentine.

Sarebbe bene anche riflettere sul fatto che punire un animale secondo un codice penale umano, che può contemplare la condanna capitale per un omicidio, significa anche riconoscergli capacità di intendere e volere. Il che dovrebbe portare ad una virata a 180 gradi del nostro comportamento nei loro confronti, che dovremmo quindi trattare non come esseri ipodotati, incapaci di intendere e volere e quindi non punibili, ma come individui dotati di etica, di morale, in grado di valutare la gravità delle proprie azioni. Forse lo stesso dubbio andrebbe posto a proposito dei cacciatori, i quali nei luoghi della natura provocano in ogni stagione decine di vittime umane (a fronte della drammatica morte di Andrea Papi ad opera di un orso, unica in 24 anni, 354 sono le vittime umane dei cacciatori dal 2007 ad oggi; quelle nonumane infinite) senza che neppure un sussulto scuota le giunte regionali, che si comportano come davanti all’imponderabile da accettare, come se si trattasse di fenomeni naturali, valanghe, inondazioni, smottamenti e affini.

In fondo i cacciatori stessi dovrebbero sentirsi offesi nell’essere equiparati a disgrazie naturali, tanto che nel loro caso non si invocano provvedimenti seri: e l’unico provvedimento serio sarebbe il divieto di caccia. Pensiero stupendo, ma irricevibile dalla propensione macha di una minoranza di persone molto piccola, ma agguerrita e potente; incompatibile poi con gli interessi economici di tante lobby amiche.

Un’ultima osservazione: dal momento che gli animali nonumani uccisi ogni anno per alimentazione, caccia, pesca, vivisezione, quelli imprigionati, modificati, estinti si contano in centinaia di miliardi, potrebbe apparire stupefacente che la vita di una o pochi orsi riesca a mobilitare l’enorme attenzione in atto. Questo apparente paradosso è risolto forse nel valore simbolico di Gaia e degli altri: sono lì a parlare della natura, dei suoi ritmi, della vita che vi pulsa dentro, scandita dal tempo e dalle stagioni.

Difficile tifare per l’altra parte, quella umana, marcata da strabordante arroganza nello spadroneggiarli quei ritmi. Abbiamo bisogno di simboli, di esseri in carne ed ossa, di situazioni ben conoscibili, pregne di significato che diano concretezza a pensieri, convinzioni, idee. Gaia e gli altri sono anche questo, espressione vivente della natura che esprime se stessa, che smuove la nostra capacità di restare umani, nell capacità di rivoltarci contro il sopruso, nella difesa di tutti gli offesi, gli umiliati, i traditi che muoiono di indifferenza e di ingiustizia.

Fabrizio Vangelista

Giornalista, scrittore. Direttore de La Città

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