19 Aprile 2024

Il giornale di Cinisello Balsamo e Nord Milano

Giuseppe Valota e l’enorme lavoro sulla memoria, che mancherà

Tutto quello che so sulla deportazione nell’area industriale di Sesto San Giovanni lo devo a Peppino, è così che chiamavamo Giuseppe Valota, presidente dell’ANED di Sesto San Giovanni-Monza, scomparso il 13 novembre. Era figlio del deportato Guido, del quale gli era rimasta una lettera del marzo 1944, indirizzata alla moglie: “E tu caro Nino, promettimi di cuore che farai sempre compagnia alla mamma che ne ha molto bisogno e farai compagnia a Peppino, il mio caro Peppino.” Guido aveva una grande passione: il violino, suonava in un’orchestra, scriveva musica e insegnava ai figli a suonare; una passione che ha coinvolto tutta la famiglia. Arrestato a seguito dello sciopero del marzo 1944, venne deportato. Morì, ormai stremato per la fame e la fatica, durante una delle “marce della morte” di trasferimento da un campo all’altro. Quello, per Giuseppe Valota fu l’inizio: prima volle sapere di più di suo padre, in seguito la ricerca si estese a tutti i deportati di quest’area e infine a quelli di tutta l’Italia. Quanto mancherà alla ricerca, quanto mancherà a tutti, quanto mancherà a me.

Non era geloso del suo lavoro e il suo sapere lo metteva a disposizione, così come il materiale da lui raccolto. Io lo conobbi nel 2001 e, grazie a lui, abbiamo potuto ricostruire la storia e il numero dei deportati di Cinisello Balsamo; per questo la nostra città ha nei suoi confronti un enorme debito di riconoscenza. Ho trascorso molte ore a fare ricerca nel prezioso archivio dell’ANED e il suo supporto è stato per me fondamentale. Sarebbero troppe da raccontare le volte che gli ho chiesto un parere, un aiuto; lui mi ha sempre risposto, donandomi il suo tempo. E poi le chiacchierate sulle nostre rispettive famiglie, sui problemi della vita. Quante cose… Custodisco il ricordo di quell’ultimo pranzo insieme, dopo il congresso ANED del 2020. Peppino era una persona gentile, simpatica ed estremamente disponibile. Ha cercato di essere sempre presente, nonostante i problemi di salute degli ultimi anni, a tutte le iniziative per le quali è stato richiesto un suo intervento. Ricordo ancora di quella volta che lo chiamai, all’ultimo minuto (era il 2005), per sostituire l’intervento di un deportato che si era ammalato e lui cercò di spostare i tanti impegni, che sempre ruotano intorno al Giorno della Memoria, per intervenire in quell’occasione e salvare la nostra iniziativa. Insomma, c’era sempre e sempre con la sua lucidità e capacità di trasmettere il dramma della deportazione e l’orrore del lager, avendolo vissuto attraverso le parole dei tanti deportati incontrati. Grazie a lui, agli altri figli dei deportati e a Ventimilaleghe, da tanti anni si organizzano i pellegrinaggi nei lager, che coinvolgono anche migliaia di nostri studenti; Peppino era l’anima di questa indimenticabile esperienza. È soprattutto nei confronti degli studenti che aveva indirizzato il suo impegno per la trasmissione della memoria. Sono stata molte volte con lui nelle scuole, accompagnando spesso anche alcuni deportati, e il suo coinvolgente racconto lasciava il segno nei ragazzi. Ricordo in particolare un’iniziativa del 2003 dal titolo I Lager dei bambini, dove a testimoniare erano i figli dei deportati che narravano la loro esperienza di bambini che avevano provato il dolore per la deportazione del proprio padre, che non avrebbero più rivisto. Di quell’occasione rammento gli occhi lucidi di molti studenti e insegnanti; la commozione aveva coinvolto tutti noi. Tanti sono stati gli impegni di Valota per raccogliere le memorie; con lui ho partecipato all’intervista alla deportata Maria Fugazza e ai familiari dei deportati Attilio Barichella e Giovanni Paravisi e poi, a mia volta, ho intervistato lui per un progetto sulla deportazione di Cinisello Balsamo.

Il suo lavoro di ricerca, instancabile e rigoroso, durato oltre vent’anni, è confluito in due volumi. Il primo, pubblicato nel 2007, con la curatela di Giuseppe Vignati, è Streikertransport. La deportazione politica nell’area industriale di Sesto San Giovanni (1943-1945), che mette in luce le grandi dimensioni della deportazione politica dei lavoratori e le sue connessioni con la Resistenza. Ha dato un nome e un volto a oltre 500 deportati, compilando, sulla base di fonti bibliografiche e documentarie, puntuali schede biografiche. Testimonianze, diari, registrazioni audio, documenti, fotografie: una voce collettiva che ci restituisce la storia di quel drammatico periodo. Il secondo libro, Dalla fabbrica ai lager. Testimonianze di familiari di deportati politici dall’area industriale di Sesto San Giovanni del 2015, è il racconto della deportazione vista con gli occhi di chi è rimasto a casa. Parlano le madri, le mogli, i figli dei deportati. È  il racconto della classe operaia, della vita che ruotava attorno alla fabbrica; la vita vera, concreta, dolorosa di tante famiglie, private dell’unico sostegno. Ma è anche il racconto della solidarietà che sfidava il coprifuoco per dare alle famiglie dei deportati un frutto, un pezzo di pane, qualche soldo: mani anonime che aiutavano e dicevano che non si era soli e si poteva resistere. A gennaio del 2018 Renato Sarti mise in scena lo spettacolo Matilde e il tram per San Vittore, il cui testo prende spunto dalle testimonianze dei familiari raccolte da Giuseppe Valota; senza esserci messi d’accordo, ci trovammo in prima fila ad assistere a questo bellissimo spettacolo. Inoltre, nel 2013, con Teresa Garofalo è stato autore de Il Paese dei Giusti. Roncobello 1943-1945: un’intera comunità salva un gruppo di ebrei dalla deportazione, e sempre nello stesso anno, con Patrizia Pozzi, ha curato la pubblicazione di R. A. Haunschmied e J. Prinz, Getta la pietra! Il lager di Mauthausen e con E. Hölz, B. Aldebert, Il campo di sterminio di Gusen II – Mauthausen: Via crucis in 50 stazioni.

Nel 2010 gli fu conferita un’alta onorificenza austriaca per la collaborazione tra ANED e la città di Gusen per la realizzazione di Audioweg Gusen, un’autoguida in italiano sui luoghi del lager. Quando lo chiamai per congratularmi, reagì con la solita semplicità e umiltà.

Diamo un futuro alla memoria è l’impegno morale di ANED, e nessuno più di Giuseppe Valota lo ha declinato con il suo lavoro nell’Associazione, come volontario, quindi gratis. È un fatto, quello della gratuità, che non si sottolinea mai abbastanza. Lo ha fatto con forza Alessandra, nipote del deportato Giovanni Vergani, in un intervento nel corso della posa delle pietre d’inciampo, lo scorso marzo a Cinisello Balsamo: “Gratitudine per Peppino Valota, che con la sua ricerca ha permesso di ridare un volto, una storia e una dignità ai deportati della nostra città. Una narrazione sempre diversa, ma profondamente connotata di quell’umano di cui è intrisa tutta la vicenda della deportazione politica, che è un umano nostrano, è un umano di questo territorio. E lo ha fatto gratis”. Di quell’occasione ricordo queste parole di Valota: “Sulla storia non si scherza, la storia è una cosa seria, non la si può strumentalizzare, la storia è questa, i nomi sono lì, sui documenti, sulle pietre. Ricordiamoci che su circa 40 mila deportati italiani, 9-10 mila erano ebrei, gli altri, circa 30 mila, erano politici, in un rapporto inverso rispetto a tutti gli altri Paesi europei. Noi facciamo memoria perché la memoria è conoscenza e se conosci sei libero, nessuno può venire a raccontartela. Il nostro impegno è testimoniare affinché i giovani conoscano ciò che è accaduto”.

Caro Peppino, lasci un vuoto immenso e non ti ringrazieremo mai abbastanza per quanto hai realizzato, per la modestia e la dolcezza con cui hai sempre lavorato e coinvolto tutti noi.

I funerali di Peppino Valota si svolgeranno sia in forma religiosa che civile domani, martedì 16 novembre. Alle ore 10.30 la funzione religiosa presso la Chiesa di San Giovanni Battista – via Fogagnolo 96. Alle ore 14.00 la funzione civile sotto i portici del Comune, piazza della Resistenza. Si invitano i partecipanti a indossare il fazzoletto dell’ANED o qualcosa di rosso.

Patrizia Rulli

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