15 Ottobre 2024

Il giornale di Cinisello Balsamo e Nord Milano

4 Novembre, celebrare i caduti, chiedendo scusa

Ricorre oggi la festa dell’Unità Nazionale e delle Forze Armate. In molti la celebrano come la festa della vittoria nella Grande Guerra. Ad ogni buon conto va rilevato che se di vittoria si trattò essa fu il frutto di immani sacrifici da parte dell’intera popolazione italiana. Costò, un milione e 240mila morti (651mila militari, 589mila civili) per conseguire quelli che attualmente sono i nostri, definiti, confini. Il prezzo fu di 984 morti al giorno, ci dicono dall’Associazione Nazionale Alpini, sede di Genova. In pratica un morto ogni minuto e mezzo.

Ricordiamo queste cifre sulla cui amarezza ha fatto invece pregio la retorica dei monumenti, della memorialistica bellicosa e delle celebrazioni volute dal fascismo. La Grande Guerra altro non fu che un alto forno dal cui crogiolo scaturirono i nazionalismi più sfrenati, gli imperialismi adolescenziali e le brutture dei regimi fascista e nazista, nonché una ancora più terribile Seconda Guerra Mondiale.

Mentre sfidiamo chiunque ad asserire che non amiamo il nostro Paese, il richiamo allo spirito patriottico che in questi giorni viene speso a piene mani, non dovrebbe distogliere lo sguardo da chi volle l’impresa bellica e da coloro che invece direttamente ne furono coinvolti. Basterebbe osservare due immagini: una è quella del discorso di Gabriele D’Annunzio sullo scoglio di Quarto (5 Maggio, 1915) dove campeggiavano le pagliette e i capelli a tuba della borghesia e della nobiltà; l’altra è il quadro “Il Quarto Stato” di Pelizza da Volpedo. I primi dichiararono la guerra ma furono i secondi a combatterla, con valore. Catturare l’adesione operaia e contadina fu una semplice illusione trasmessa dalle tavole di Achille Beltrame su “La Domenica del Corriere”. In Italia vi fu una paurosa carestia solo a carico delle classi meno abbienti.

Se volessimo spingerci a fare le pulci sulla conduzione militare, dovremmo utilizzare uno spazio ben più ampio di quanto ci sia concesso per questo articolo. Avevamo generali digiuni di virtù belliche, fautori di una strategia sbagliata (Caporetto, 24 Ottobre 1917) alla quale nessuna tattica, seppur valorosa e generosa, poté porre rimedio se non dopo il passaggio da guerra iper offensiva a una soluzione basata sulla difesa delle posizioni.

Durante l’ascolto delle canzoni guerresche, dovremmo soffermarci a riflettere quanto il sacrificio richiesto fosse sproporzionato alle nostre reali capacità e al debito che abbiamo contratto con i caduti. A questo proposito, ci informa la pubblicazione del Comune “Le Pietre Raccontano”, a Cinisello Balsamo si contano: 42 morti. Sono tanti per le dimensioni della comunità di allora. A loro deve andare, accompagnate da profonde scuse, la nostra deferenza e il nostro ricordo.

Ivano Bison

Articolo precedente

Ospedale di comunità. Il Pd raccoglie le firme e il sindaco s’arrabbia

Articolo successivo

“Buongiorno, lei è licenziata”. Domani la presentazione del libro di Edi Lazzi

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *